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Redoxx si racconta a Danceland

È dall’estate 2023 che Redoxx ha deciso di affrontare la produzione musicale con un’ottica e una visione totalmente diversa. Ha smesso di prendere in considerazione “cosa potrebbe potenzialmente funzionare” e ha cominciato a usare come unico metro di giudizio il suo gusto personale. Come risultato di questo cambiamento di mentalità si ritrova ora a poter dire di aver trovato il suo stile e il suo sound. E crede che questo lo abbia fatto crescere molto come artista. Non vuole svelare troppo sulle nuove tracce ma ci sono tantissimi pezzi attualmente in uscita che il dj romano adottato da Dubai non vede l’ora di far sentire il suo nuovo lui 2.0 al resto del mondo.

Tornato da Ibiza, dove ha avuto l’occasione di suonare a un club molto figo come il Tantra, Redoxx prosegue a fare base negli Emirati Arabi Uniti. “E quindi mi ritrovo a suonare spessissimo qui, anche se il piano per quest’estate è di suonare principalmente in Europa considerato il fatto che qui negli Emirati il caldo a luglio e agosto si fa decisamente sentire”.

Come è una tua giornata?

La sveglia suona alle 7 di mattina ogni giorno ma difficilmente mi troverete in studio prima delle 10, devo ammettere che mi piace prendermela con comodo con docce e colazioni infinite. Dalle 10 fino alle 6 di pomeriggio non ci sono per nessuno: passo la maggior parte del tempo in studio a produrre musica. L’obiettivo è di lavorare su nuove tracce almeno 5 ore al giorno e di ritagliarmi un paio di ore per andare in palestra o per occuparmi di altre cose ‘lavorative’ al di fuori della produzione, come aggiornare la mia playlist e curare i social media che al giorno d’oggi sono fondamentali per un artista. La sera se mi capita di dover suonare in un club fino a tardi cerco di riposarmi quanto più possibile prima del set, e se non devo suonare mi ritrovo sotto le coperte prima delle 11. Lo so, ho 27 anni, ma le mie 8 ore di sonno sono una delle cose più preziose che ho”.

Come si sta a Dubai?

Benissimo. A volte mi manca l’Italia, non lo nego, anzi ne vado fiero, ma credo fortemente nel fatto che per il percorso professionale che sto facendo, Dubai è un’ottima base. C’è una mentalità per lo più progressista dove le opportunità si presentano se si è preparati e bravi abbastanza da coglierle. Gli Emirati Arabi da anni ormai tengono un occhio costantemente puntato sul futuro e questa visione si riflette tantissimo sulla nightlife. Ogni settimana decine di artisti internazionali si vengono ad esibire qui, ed è decisamente una fortuna per un artista essere circondato da una scena dance come quella che si è venuta a creare qui. Da quando mi sono trasferito più di 5 anni fa mi ritrovo adesso a fare quello che mi piace fare in una città che mi rende felice e con una persona al mio fianco che mi rende l’uomo più felice del mondo e che ho adesso l’immenso piacere di poter chiamare mia moglie”

Un’esperienza all’estero sarebbe utile per tutti?

Più che utile oserei dire fondamentale. È bellissimo andare in vacanza da qualche parte per una settimana, ma è solo quando si impara a vivere in un paese, o ancor meglio continente, diverso da quella che si considera ‘casa’, che si ha veramente l’opportunità di aprire ed ampliare la propria mentalità oltre ogni aspettativa. Avere la possibilità di fare le valige e lasciarsi casa alle spalle è una fortuna, e bisogna trattarla come tale”

Il duro lavoro paga sempre anche a Dubai?

A mio avviso sì. Adesso più che mai mi rendo conto che nella vita la stra grande maggioranza delle insoddisfazioni e frustrazioni che mi sono ritrovato a sentire si sono risolte col duro lavoro. Molti pensano che vivendo a Dubai ci si ritrova ad avere la strada spianata in un’ottica di carriera, quando ovviamente non è assolutamente così, ma con la giusta fame e con la voglia di spaccare il mondo credo fortemente che si possano fare grandi cose, molto più di quanto immaginiamo”.

Dove finisce la musica e inizia il business, per te?

Fare musica per me non è mai stata una scelta, bensì una necessità. La passione che ho per il mio lavoro è grande, ma purtroppo soprattutto al giorno d’oggi non basta fare musica e suonare per avere successo in quest’industria, questo è un dato di fatto e decisamente non un segreto. Detto ciò la musica per me finisce nel momento in cui smetto di lavorare sulla mia nuova traccia, o quando ho finito di suonare l’ultimo disco nel mio dj set. Considero lato ‘business’ tutto ciò che ha a che fare con la parte amministrativa della mia professione, come mandare tracce ad etichette, creare contenuti da condividere sui social, organizzare meeting con promoter e direttori artistici o costantemente ricercare le traduzioni di parole inglesi in italiano per esprimermi al meglio nelle interviste scritte… ogni riferimento è puramente casuale”

Quanto e perché è importante il consenso nell’era dei social?

Parlando dal punto di vista di un artista che fa uso giornaliero di piattaforme social media per promuovere la sua musica e il suo brand, posso garantire che è essenziale, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto del controllo sull’immagine pubblica. Attraverso i social media, ciascuno può costruire e gestire la propria immagine pubblica. Il consenso garantisce che le persone abbiano il controllo su ciò che viene pubblicato su di loro e su come vengono rappresentate online”.

Dove inizia l’ego e quando finisce la strumentalizzazione dell’arte?

La questione dell’ego nell’arte è complessa. Da un lato, è un motore che può spingere gli artisti a perseguire con passione i propri obiettivi. Dall’altro, quando diventa predominante, l’ego può distorcere il vero scopo dell’arte, trasformandola in uno strumento di auto-gratificazione anziché di espressione autentica. Penso che l’equilibrio sia fondamentale. Da artista cerco sempre di rimanere consapevole del mio ego, utilizzandolo come fonte di ispirazione senza permettere che prenda il sopravvento. Quando creo, mi chiedo costantemente se sto comunicando qualcosa di genuino e significativo, al di là della mia stessa persona. L’arte ha il potere di connettere, emozionare e stimolare la riflessione. Quando ci concentriamo su queste dimensioni più profonde, possiamo evitare la strumentalizzazione dell’arte per fini personali e assicurarci che rimanga autentica e significativa per noi e per gli altri”.

Perché molti artisti mitizzano la posizione delle multinazionali?

Sinceramente non l’ho mai capito. Credo che spesso le multinazionali vengano viste come un’opportunità di visibilità, risorse finanziarie e supporto nella diffusione della propria arte su scala globale, ma ad oggi non credo sia più così. Inoltre questa visione idealizzata può spesso condurre gli artisti a compromettere la propria integrità creativa, adattando la propria arte per scopi commerciali piuttosto che per espressione autentica. Non stiamo più parlando di arte se per farla bisogna scendere a duri compromessi”

Quali sono i segreti e i tempi per produrre un brano di successo?

Di segreti non ce ne sono e i tempi tendono a variare drasticamente. Ho prodotto brani dei quali vado fierissimo in 3 giorni e cestinato progetti sui quali lavoravo da mesi. È frustrante doverlo ammettere, ma per creare bisogna rinunciare al controllo, e quindi non ci sono tecniche segrete o tempistiche standard. Se non siamo più noi a mantenere il controllo, ma diventa l’arte stessa ad avere il controllo su di noi l’unica cosa che possiamo fare è servirla di tutto ciò di cui ha bisogno, e decisamente non ci sarà d’aiuto chiederle ‘quanto manca?’. Un consiglio che però mi sento di voler dare a chi legge, che personalmente mi ha aiutato incredibilmente, è che l’unico modo per superare il blocco dello scrittore è di scrivere qualcosa di buono. In sintesi, vietato arrendersi e ben venga la frustrazione e la rinuncia al controllo”.

La specializzazione alla fine paga?

La specializzazione e l’originalità pagano sempre. Nel campo della produzione musicale si può avere tutto il talento e tutta la dedizione del mondo, ma il lavoro deve sempre andare di pari passo con la vera ragione per la quale facciamo arte, ovvero esprimere una realtà nel modo più originale possibile, ovvero a modo nostro. Non esiste specializzazione più efficace del rimanere fedeli a se stessi e al proprio gusto personale. Nessuno riuscirà mai a fare quello che facciamo noi nel modo in cui lo facciamo noi, col nostro stile e col nostro sound. Rimanere fedeli a noi stessi senza cercare di ricreare un qualcosa di già esistente che sappiamo funzioni, non è sempre semplice, ma è la chiave per mantenere un’identità ben precisa, il che a mio parere è essenziale”.

Come sopravvivere in questo momento di sovrappopolazione nell’intrattenimento?

La sovrappopolazione dell’intrattenimento non credo sia un fenomeno particolarmente nuovo, è un campo ambito da molti, ma la buona notizia è che alla fine le persone che riescono a fare del proprio ‘hobby’ una carriera prolifica e duratura non sono poi così tante, e generalmente sono coloro che hanno scelto questo mestiere per vero amore per l’arte, non per svago, soldi o notorietà. Anche se viviamo in un mondo pieno di gente che vuole fare il dj, il musicista, il cantante, etc. si sopravvive solo ed esclusivamente mantenendo la passione, la fame e la personalità che ci contraddistingue dal resto”

Seguire il cuore e seguire contemporaneamente un genere si può?

Non mi è mai piaciuta particolarmente la distinzione e la categorizzazione dei generi musicali. A mio avviso l’importante è seguire il cuore, e se facendo ciò la nostra musica fa fatica a catalogarsi sotto un certo genere specifico, va bene così. Gli artisti che hanno veramente fatto un impatto importante e duraturo nel mercato discografico mondiale creando un nuovo genere o un nuovo stile non credo si siano mai preoccupati di risultare troppo poco house o troppo poco universalmente accettabili. Chi mi segue mi definisce un artista afro house; e a tutti piace tantissimo inserire la mia musica in una categoria ben specifica, e lo capisco, ma se devo essere sincero non mi capita mai di finire un disco e chiedermi se è abbastanza afro house, invece mi chiedo sempre se è abbastanza… Redoxx. Quindi, in sintesi credo che forse a volte sia impossibile seguire il cuore e costantemente seguire un genere predefinito, ma non credo che questo voglia dire perdersi e ogni mese rilasciare una traccia completamente diversa da quella precedente. Un artista che non smette mai di seguire la propria indole, avrà sempre uno stile e un’identità inconfondibile”.

Come e quanto dovremmo ascoltare i giudizi altrui senza condizionare la nostra creatività?

Ascoltare sempre, affidarsi ciecamente del giudizio degli altri mettendo da parte la nostra visione mai. È semplice a dirsi, ma mi rendo conto che all’atto pratico è difficilissimo. Quando faccio sentire a qualcuno la mia musica e mi viene rivolta una critica, il mio primo pensiero diventa ‘ho lavorato male, devo correggere quello che ho fatto’, quando invece il ragionamento dovrebbe essere ’Essendo arte va benissimo che non piaccia a tutti, l’importante è che io personalmente riesco a ritrovarmi nel lavoro che ho fatto’. Ovviamente, mi riferisco a giudizi dal punto di vista ‘artistico’, perché quando riceviamo giudizi tecnici da un professionista, spesso bisogna farsi un bel bagno di umiltà e tenere le orecchie aperte”.

È giusto sottolineare l’identità sonora, la riconoscibilità di un artista attraverso il suo suono?

È fondamentale sottolinearla. Serve alla riconoscibilità di un artista. Questo permette di creare una connessione profonda con il pubblico e di costruire un’identità forte nel panorama musicale. Un suono distintivo rende l’artista memorabile e riflette la sua crescita personale e artistica. La riconoscibilità sonora è essenziale per distinguersi, creare legami duraturi con chi ci ascolta e esprimere appieno la propria creatività”.

Come e dove dovrebbe essere fatta la formazione di un artista?

Non credo nel fatto che ci sia un luogo o un percorso standard da seguire per potersi definire un artista. Detto ciò non sarà quasi mai possibile creare qualcosa di veramente unico e rilevante senza uno studio approfondito e costante della musica. Non parlo di teoria musicale, ma di un ascolto quotidiano di dischi che magri non si avvicinano nemmeno più di tanto al nostro stile personale. Si può essere artisti senza aver frequentato il conservatorio, ma difficilmente si riuscirà a creare arte di un certo spessore senza aver studiato gli artisti che da anni prima di noi hanno costruito le fondamenta di un genere e di un’era vera e propria”.

Se sono un artista, come scelgo il produttore che fa per me?

Non è semplice ma credo che anche questa sia una scelta che debba essere fatta col cuore. Per un cantante ad esempio è fondamentale sentire una connessione importante con un produttore per potersi esprimere a pieno creativamente. É un lavoro di squadra nel quale bisogna mantenere un dialogo ed un’armonia costante”.

Quanto è importante il dettaglio nella musica?

Estremamente importante. Ogni elemento, dal più piccolo suono alla più complessa struttura, contribuisce a creare l’esperienza sonora completa. I dettagli sono ciò che differenzia una traccia ben prodotta da una grande traccia, aggiungendo profondità, emozione e unicità. Prestare attenzione ai dettagli permette di esprimere meglio le proprie idee e di connettersi più profondamente con l’ascoltatore, rendendo la musica più coinvolgente e memorabile”.

Come mettere in piedi un proprio staff? Quanto conta il lavoro di squadra?

Per un artista nel mercato musicale, è essenziale mettere in piedi uno staff definendo chiaramente i ruoli necessari e cercando persone con competenze tecniche adeguate e una visione condivisa. Il lavoro di squadra è cruciale per sfruttare diverse abilità, raggiungere risultati creativi e gestire lo stress. Un ambiente di lavoro positivo, con comunicazione aperta, è fondamentale per il successo del progetto artistico”.

Pensi che l’intelligenza artificiale (e gli algoritmi) saranno deleteri per la produzione musicale o la supporteranno o addirittura la miglioreranno?

L’intelligenza artificiale e gli algoritmi hanno il potenziale di supportare e migliorare la produzione musicale, piuttosto che essere deleteri. Possono offrire nuovi strumenti per la creazione, aiutare nell’analisi delle tendenze e automatizzare alcuni aspetti tecnici del processo produttivo, permettendo agli artisti di concentrarsi maggiormente sulla creatività. Tuttavia, è importante che l’uso dell’AI sia guidato con attenzione per evitare una standardizzazione eccessiva della musica. Quando utilizzata correttamente, l’AI può diventare un potente alleato per gli artisti, offrendo nuove possibilità espressive e ampliando i confini della produzione musicale. Sentire persone che disprezzano e rifiutano l’intelligenza artificiale mi fa pensare al fatto che probabilmente quando è stato inventato il primo mezzo di trasporto a motore, in molti preferivano comunque continuare ad andare a cavallo e si rifiutavano di utilizzare tecnologie allora estranee. Andare a cavallo va benissimo, ma prima o poi la frustrazione nel vedere gli altri spostarsi più velocemente avrà il sopravvento”.

Come pensi che il settore della produzione musicale possa evolversi in relazione all’arrivo di nuove tecnologie?

Il settore della produzione musicale è e sarà sempre in continua evoluzione, non si smette veramente mai di imparare. Le continue innovazioni promettono di migliorare l’efficienza nella composizione, il coinvolgimento del pubblico e le opportunità di distribuzione. È essenziale bilanciare l’innovazione tecnologica con l’autenticità artistica per garantire che gli artisti possano sfruttare appieno le nuove possibilità senza compromettere l’essenza della musica”.

Dove ci si può realmente spingere, a livello musicale, in fatto di sperimentazione?

A livello musicale, la sperimentazione può portare a esplorare territori sonori totalmente nuovi e inaspettati. Per un artista è necessario secondo me spingersi oltre i confini tradizionali del genere, mescolando influenze culturali e stili diversi in modi audaci e innovativi. Si può cercare di sfidare le aspettative attraverso l’uso non convenzionale degli strumenti e l’esplorazione di nuove strutture compositive. Al momento sto leggendo un libro interessantissimo di Rick Rubin chiamato ‘The Creative Act’ che tratta nello specifico del modo in cui ogni artista è tenuto ad abolire le regole standard della produzione musicale in favore dell’innovazione e della creatività, lo consiglio vivamente. La sperimentazione musicale può essere un viaggio di scoperta e innovazione, dove ogni passo audace apre la strada a nuove forme di espressione artistica e connessione emotiva con l’ascoltatore”.

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