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L’anno incredibile di Gabry Ponte

Gabry Ponte festeggia i suoi 25 anni di carriera, i suoi e del singolo “Blue (Da Ba Dee)” con gli Eiffel 65 (“l’inizio di un percorso fantastico”), regalandosi quattro eventi che si preannunciano memorabili. Si è esibito 46 volte in 5 nazioni facendo ballare oltre 240.000 persone e durante l’estate è stato protagonista di un tour con importanti date in Italia e all’estero. Un dj produttore italiano dei primato. Le sue hit hanno conquistato intere generazioni con oltre 3 miliardi di stream globali, oltre 15 milioni di ascoltatori mensili su Spotify, 2 dischi di diamante, 39 dischi di platino e 22 oro.

Gabry Ponte a Milano in un Fabrique tutto esaurito

Durante questi appuntamenti il dj ripercorrerà la sua incredibile carriera attraverso le sue hit più famose, con scenografie, effetti speciali e visual che nessun dj italiano ha mai proposto prima d’ora. Dopo il soldout a Milano, anche la data di Torino registra il tutto esaurito e si aggiunge a grande richiesta un nuovo imperdibile appuntamento: sabato 6 aprile all’Unipol Arena di Bologna.

Come puoi raccontare, come è nato tutto questo?

Sì, siamo un grande team. Ho la fortuna di lavorare con un gruppo di ragazzi bravissimi. Un dj un produttore oggi è un brand, un’azienda, non è più solo un artista, un performance, sono cambiate molto le cose e quando abbiamo iniziato a fare musica negli anni ‘90. La figura del dj e del produttore è oggi diventata qualcosa di totalmente diverso. Collaboro con un sacco di artisti di musicisti ma non da solo. Intorno alla musica ci sono tutta una serie di aspetti che sono altrettanto importanti che riguardano marketing, la promozione, il live, il publishing”.

Inizialmente la vostra sede era a Torino.

Siamo cresciuti. Durante la pandemia ci siamo spostati a Milano perché è un po’ il centro della musica in Italia a livello di networking e ci permette di fare molte cose anche con artisti internazionali di livello. Questo nostroè un hub molto funzionale, qui abbiamo realizzato gli studi, gli uffici. È un ambiente molto bello e creativo. Siamo come una famiglia, un collettivo di persone che lavorano focalizzate sull’obiettivo”.

Gabry Ponte a Innsbruck, Austria, il 12 novembre 2022, immagine di Prandoni

Sei tornato ad occuparti della musica.

Abbiamo trovato un bell’equilibrio. Ho iniziato a fare il dj che avevo 16-17 anni. Verso l’inizio degli anni 90. Non c’erano aspettative, non c’era nemmeno un modello aspirazionale del djsuperstar, da festival. Siamo cresciuti e ci siamo anche un po’ reinventati. Ora bisogna sempre costantemente lavorare per riciclarsi, per cambiare un po’ pelle”.

Con la tua fan base ti confronti spesso?

Avere la possibilità di farmi dire da loro cosa piace di più è una cosa bellissima. È possibile ricevere un feedback immediato è questo è davvero interessante e utile. Sulle singole tracce non mi pongo il problema se un singolo possa rientrare in un album oppure no: mi interessa produrre cose che posso suonare nei miei set. Poi a livello di marketing molte etichette a un certo punto decidono di pubblicare un album o altro ma sono più strategie commerciali, quelle, e non ci vedo niente di sbagliato”.

Quando un brano è finito?

È una domanda a cui in realtà faccio fatica a trovare una risposta. Sono perfezionista, quindi vorrei continuare a lavorarci sopra, cerco sempre di migliorare le cose fino a che non sono idealmente perfette, anche se non lo sono mai. In realtà mi rendo conto che c’è una lezione che ho imparato negli anni: a un certo punto deve dire basta. Devi fermarti e capire che da quel momento in poi tutto quello che succederà dopo è un processo di decomposizione in cui il disco in realtà inizia a… peggiorare, perché a un certo punto il flusso creativo finisce e si rischia solo di fare danni. Per me il banco di prova finale è il live. Io testo tutte le cose che faccio quando suono dal vivo tramite il set ti accorgi cosa funzioni e cosa no”.

Joel Zimmerman è quello che mette la maschera e diventa deadmau5, Steve Aoki è quello che lancia le torte. Gabry Ponte è quello “Blue (Da Ba Dee)”?

Oggi un dj può essere identificato e personalizzato in qualcosa altro ma anche lì non ci sono grossi ragionamenti dietro, diventa una cosa molto spontanea. Sicuramente ‘Blue’è una parte di me, è stato parte del mio percorso della mia vita. Le cose si sono evolute, è stato un punto di partenza quello. La scena è cambiata. Il suono è cambiato. Sono cambiate tutta una serie di dinamiche. Il resto è marketing. Sono sono scelte che uno fa per rendere il proprio show e la propria immagine unica e riconoscibile. Però rispetto assolutamente gli artisti che hanno questo tipo di identità. Il lavoro di un artista alla base ha una sostanza: la musica che fa. Se riesce a far divertire le persone che ha davanti, bene”.

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