Sabato 7 e domenica 8 novembre David Guetta si è confermato una volta di più uno dei pesi massimi assoluti dell’industria musicale. Sabato 7 è stato incoronato numero uno della Top 100 DJ Poll, la classifica di DJ Mag che ogni anno definisce i 100 deejay più amati e votati dal popolo della rete. Domenica 8 si è aggiudicato gli European Music Awards di MTV, primeggiando nella categoria Best Electronic.
Dopo un fine settimana old style, lunedì 9 novembre Guetta si è sottoposto di buon grado ad una conferenza stampa collegato dalla sua maison parigina, con una quarantina i blog e siti specializzati di tutto il mondo presenti. Di seguito, senza ulteriori e inutili intermediazioni, un sunto di quanto il dj e producer francese ha raccontato in una chat durata molto più del previsto.
“È difficile arrivare al numero uno in ogni classifica, ed è ancora più difficile restarci o tornarci. Anche perché chi arriva ai vertici ha tanti fan ma anche tanti haters. Un prezzo da pagare, nessuno odierà mai un terzo classificato, per esempio. Io sono stato numero uno nella Top 100 di DJ Mag nel 2011 e quest’anno. Che cosa ho imparato? Ad accettare quello che mi capita, a volte i miei brani diventano hit, a volte funzionano nei festival altre volte nei club… Con il tempo si accoglie tutto quanto con il giusto equilibrio”.
“Sono assai sorpreso che i Governi di tutto il mondo non abbiano ancora compreso l’importanza dell’industria musicale. La comunità elettronica è importante quanto quella hip hop e quella rock, sia da un punto di vista lavorativo che culturale. Speriamo che lo si capisca quanto prima, io cerco sempre di fare da cassa di risonanza per queste rivendicazioni ma non sono nella stanza dei bottoni a prendere decisioni politiche”.
“Credo che questo lockdown non cambi molto per i dj agli inizi, perché devono ancora iniziare il loro percorso, rimangono ai punti di partenza come lo erano prima. Lo stesso vale per i top dj, che erano ai vertici e da lì nessuno li schioda quando la scena dei club e dei festival si ferma come è successo quest’anno. I problemi veri sono per le fasce intermedie, che rischiano di sparire e soprattutto per i dj più underground, a loro più di chiunque altro mancano la scena clubbing, i party alternativi, il passaparola che ne alimenta la crescita personale ed artistica”.
“In questi due anni l’EDM è decisamente scesa, sia perché non è stata molto creativa, sia perché sia molti producer se ne sono allontanati. Il futuro è già scritto, per non dire che è già presente: si chiama Future Rave”.
“Per restare ai vertici è fondamentale un equilibrio tra lavoro e stile di vita e di comportamenti. Perché facciamo quello che facciamo? Per la musica in sé o per lo stile di vita estremo al quale in troppi si abbandonano? Voglio essere molto chiaro. Per me esiste ed esisterà sempre e soltanto la musica. Certo non è facile reggere certe pressioni, basti pensare ad Avicii e Morillo: quando hai successo le aspettative altrui salgono, tutti pretendono sempre di più, e c’è il rischio di sentirsi frustrati ed infelici se certi risultati non arrivano. Poi si sommano lo stress e la fatica di essere sempre in viaggio, di non vedere la famiglia per mesi. Il successo miete vittime, la paura prende il sopravvento. Sono fortunato, non ho mai vissuto queste terribili sensazioni”.
“I social media condizionano la vita di tutti noi, non soltanto la musica. Basti pensare a TikTok, a come cattura l’attenzione di tutti, anche se soltanto per 15 secondi. Sia chiara una cosa: non si fa musica in funzione dei social, dei loro diktat: le tracce elettroniche durano 8 minuti, non 15 secondi. Può darsi che i social siano più determinanti per il pop, ma non certo per la dance”.
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