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La Panacea di Obi Baby. L’intervista

Durante il lockdown, per preservare la sua sanità mentale, ha prodotto un album unico. Mentre molti ballavano sui balconi, lui ballava nella sua testa. E nel suo studio

Conosci la legge dell’attrazione? Diventa l’antenna della tue trasmissioni e altre persone si sintonizzeranno sul tuo canale”. Ha pensato a tutti, Obi Baby. Ai suoi 30 anni di militanza nel clubbing, a quello che gli è stato dato e che ha ceduto. Ne è venuto fuori, un atto d’amore per la danza, il suo rito e il suo potere liberatorio. La panacea? La musica, ovvio. “La mia cura a tutti i mali. Chi mi segue da anni lo sa, ed è per questo che continua farlo. Tramite la musica io curo le persone”. Dal mese di dicembre il suo album d’esordio è disponibile su tutte le piattaforme. Un album che pone l’accento sulla paura della morte e sui modi di contrastarla. Musica iniettata come salvifica dose di amore. “Un vaccino, un eccitante?”, si chiede il dj. La versione fisica è tutta un programma: a tiratura limitatissima di 100 copie, le 11 dosi sono racchiuse in una scatolina, che contiene una chiavetta Usb a forma di siringa.

https://linktr.ee/obibaby

Come e perché è nata Pervhertz?

Dopo anni che cerco di interpretare i desideri di chi varca la soglia di un club, ho pensato a che cosa volessi io. Per una volta, ho messo me al primo posto, creando uno spazio di libertà personale. Per questo mi impegno e investo il mio tempo e denaro, valorizzando dei talenti che non riescono a trovare spazio per esprimersi, e ce ne sono tantissimi. Dall’altra ho la possibilità di coltivare la mia visione della musica. Quindi senza pensare minimamente al mercato o a logiche commerciali, faccio uscire solo le cose che ritengo veramente valide”.

Come artista oggi cosa si può davvero qualcosa da dire? Se sì, cosa, a livello musicale e creativo?

Io credo che oggi ci siano delle possibilità infinite di dire e fare qualcosa. Rispetto ai mezzi che avevamo anni fa oggi puoi contare su un sacco di strumenti creativi. Forse il problema è proprio questo che, si dice o che si parla troppo e in malo modo. Io ad esempio che sono stato presentissimo sui blog dedicati al clubbing in passato (vedi Mariopsx), negli ultimi anni non partecipo più a nessuna discussione. Perchè? perchè ormai le discussioni le fanno tutti ma i fatti li fanno in pochi. Io preferisco parlare tramite cose concrete. Ci sono un sacco di cose nuove oggi che portano avanti l’eredità del passato. Penso alle ballroom e al voguing, alla rivitalizzata scena hard techno e al mercato americano che finalmente si è aperto alla scena elettronica seria. Credo che oggi la cosa più importante sia riuscire a pacificare la old skool con la nu skool. I veterani del nostro circuito, devono essere visti come delle risorse e non “dei bolliti” come qualcuno li chiama. Chi ha contribuito a creare la scena, può e deve avere il compito di consegnare la staffetta ai più giovani e magari assieme a loro tramandare, aneddoti ed influenze di quello che abbiamo vissuto. Mi viene in mente il lavoro che ho fatto assieme a Lorenzo Lsp per M¥ss Keta. Lei la conosciamo da quando si esibiva al Love Bar di Porta Venezia per poche centinaia di persone. Assieme a lei, Riva e i ragazzi di Motel Forlanini abbiamo avuto modo di esplorarci a vicenda, trovando i reciproci punti di contatto culturali. Quindi con grande rispetto per i propri bagagli e progetti, abbiamo pensato di fare un remix per ‘Giovanna Hardcore’, dove io e Lorenzo abbiamo tradotto in musica quelle che erano le nostre influenze hardcore inglesi di fine millennio, abbinandole a quelle della techno attuale. Il clash continuo fra i generi musicali, credo che sia l’unica via per dare al nostro mercato, qualcosa di nuovo. Il dj per me deve fare proprio questo, miscelare e trovare la nuova ricetta perfetta”.

Da dove arriva la vocazione? Insomma, artisti si nasce o si diventa?

Io posso parlare per me. Credo di essere sempre stato uno di quei fiori del male che fanno disperare i propri genitori. Il mio stile di vita atipico non è stato facile da accettare ma credo che proprio questo cammino in salita dia quella marcia in più. Non so dirti da dove arrivi la vocazione, posso dirti che ci si nasce. Dopo c’è la disciplina e il duro lavoro. Puoi essere anche la reincarnazione di Mozart ma se non coltivi il tuo dono non vai da nessuna parte”.

Dove finisce la musica e inizia il business?

La musica è la rotta che porta alla sorgente. Il business è l’oppio dei popoli, ovvero la religione”.

Quanto e perché è importante il consenso nell’era dei social?

I social sono una bolla. Noi viviamo delle bolle di consensi ma al di fuori di queste bolle molto spesso non esistiamo nemmeno. Credo che qualcuno ultimamente abbia invitato i djs a prendersi meno sul serio, perché se scendi in strada e provi a chiedere chi è Carl Cox ad uno sconosciuto, la maggior parte delle persone, non ti saprà rispondere. E’ allora capisci che la vita vera è altrove e bisogna avere un approccio mentalmente equilibrato a questi strumenti”.

Dove inizia l’ego e quando finisce la strumentalizzazione dell’arte?

Ho imparato sulla mia pelle che l’ego è l’enemy per eccellenza di un artista. Devi imparare a dominarlo perchè tu riesca a fare le scelte giuste. Al tempo stesso credo che sia un booster potentissimo per chi voglia arrivare a spaccare. Senza quel delirio di onnipotenza che ti porta a voler dominare il mondo, credo che un artista oggi non possa riuscire ad emergere. Quindi ego e follia credo siano parte integrante di una crescita personale che poi deve per forza di cose trovare il giusto balance”.

Perché molti artisti mitizzano la posizione delle multinazionali?

Perchè oggi si sceglie sempre al via più comoda e quella più facile. Se non sai cantare o suonare non vai al conservatorio, vai di autotune. Se vuoi arrivare a fare i palazzetti non ti fai il culo nelle cantine ma punti subito ad X-Factor. Le multinazionali guardano se puoi essere un prodotto attraente per le loro bolle artificiali e ti impacchettano per bene. Et voilà, senza ne arte ne parte ti producono, ti spolpano e ti tritano. In questo modo non emergerà più nessun genio come quelli del passato. Se non devi volare, non hai bisogno di farti spuntare le ali”.

La specializzazione alla fine paga?

L’eccellenza paga, la specializzazione è il tramite per arrivarci”.

Se sono un artista, come scelgo il produttore che fa per me?

Io credo che una buona dose del successo di un artista sia la sperimentazione, imparando a seguire le proprie affinità elettive. Tramite ricerca e costanza ci si avvicina alle varie aree di pertinenza, ed è proprio li che uno deve guardarsi attorno, cercando di trovare quello che fa per lui. E’ un processo abbastanza spontaneo ma che credo sia obbligatorio, soprattutto agli inizi”.

Pensi che l’intelligenza artificiale (e gli algoritmi) saranno deleteri per la produzione musicale o la supporteranno o addirittura la miglioreranno?

Io non vedo un grande miglioramento del livello artistico musicale in giro, vedo molti prodotti di mercato. Gli algoritmi sono funzionali a vendere prodotti, sono come le rotazioni delle pubblicità degli anni 80. Un carrello di proposte che a seconda dell’orario, ti propongono un prodotto piuttosto che un altro. Tutto questo meccanismo, verrà amplificato appena Zucky ci avrà belli che impacchettati nel suo Metaverso”.

Come pensi che il settore della produzione musicale possa evolversi in relazione all’arrivo di nuove tecnologie?

Già oggi puoi vedere la Cocoon di Sven Väth, che crea degli NFT per aprirsi nuovi mercati. Cose che con la musica c’entrano poco e niente. Allo stesso tempo lo vedi buttare fuori un nuovo album dove torna a cantare. Per cui credo che oggi sia importante avere una forte personalità e assieme ad un team di esperti crearti la tua bolla. Trovare chi condivide questo progetto assieme a te e arredarti la tua bolla assieme a loro. Credo che trovare l’equilibrio fra supporti fisici (come il vinile) e quelli digitali sarà la chiave per gestire al meglio la propria brand identity”.

Dove ci si può realmente spingere, a livello musicale, in fatto di sperimentazione?

Io credo che ci si possa spingere in ogni direzione. Fortunatamente stiamo parlando di frequenze e quelle possiamo tentare di organizzarle ma non imbrigliarle. Per cui ognuno è libero di creare le proprie onde sonore nel modo più libero e con gli strumenti che più li aggrada. Non pensi sia questa la grande forza rivoluzionaria della musica?”.

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