Duo house mantovano formatosi nel 2017 e composto da Gian Marco Ricci e Gianmarco Bottura, quello dei Flash & Dash ha ricevuto in questi ultimi anno il supporto di molti acclamati colleghi dj. Le loro tracce, pubblicate da alcune delle etichette più forti del pianeta, come Hysteria, Armada, Sony Music, Bounce & Bass, Bourne Recordings e IHU, fanno impazzire il popolo di Spotify e non solo. Con la promessa di raddoppiare i risultati dello scorso anno, escono ora su Hysteria, label di Bingo Players e dell’orbita Spinnin’ Records.
“Dopo anni di porte in faccia, di lavoro, di demo rifiutate e di progetti cestinati”, Gian Marco Ricci e Gianmarco Bottura ce l’hanno fatta. “Nulla, però, sarebbe stato possibile senza il supporto da parte di tutte le persone che ci sostengono ogni giorno. Il progetto nasce da noi, dall’unione di due artisti indipendenti che da tre anni cercano di costruire qualcosa di concreto musicalmente parlando, strizzando l’occhio alla house music attuale con influenze sia tech che electro, derivanti da entrambe le parti”.
Il vostro ultimo singolo, “U Got”, è nato dall’idea di un vostro collega di Vicenza, è così?
“Sì, è Andrea Marchiori, in arte NOTLEGAL, che decise di mandarci il progetto ancestrale di ‘U Got’. Si trattava di un qualcosa di scarno, mancava il tocco giusto, dunque ci siamo messi all’opera sfruttando il potenziale iniziale del disco con annesse le nostre conoscenze e, dopo aver mixato e masterizzato accuratamente il brano a Parma nel Sunstars Studio, siamo riusciti ad avere un prodotto efficace per catturare l’attenzione di una major”.
È stato grazie al contatto diretto datovi dai Sunstars che siete riusciti a entrare in contatto diretto con Hysteria?
“Esattamente. Tutto il team fu subito entusiasta del brano e, a dicembre 2020, decisero di prenderlo con l’intenzione di farlo uscire in un EP a marzo 2021 assieme ai brani di altri talentuosi artisti. Il progetto sta dando sicuramente i suoi frutti: dopo Hysteria abbiamo altri tre brani pronti da far uscire, personalmente speriamo di piazzarli tutti e 3 su etichette discografiche di alto livello. Il primo è una cover slap house di ‘Bad Romance’ di Lady Gaga, che uscirà molto probabilmente nel mese di aprile su Black & White; il secondo è un disco tech-house con il talentuoso Flamers (presente nell’EP di Hysteria con ‘Take U Home’); il terzo è una collaborazione con DayNight, fortissimo trio di Parma, volta, si spera, a essere piazzata su Hexagon, sperando di attirare l’ attenzione del maestro Don Diablo”.
Come lavorare, negli ultimi tempi?
“Il discorso restrizioni non ci permette molto di vederci nonostante entrambi abitiamo nella medesima città, Mantova. Concludiamo e finalizziamo i dischi sentendoci telefonicamente, senza avere opportunità di fare live”.
Artisti sicuramente si nasce?
“Senza un minimo di vocazione interiore non si può pensare di far musica. È altrettanto vero che con il duro lavoro, con l’impegno e con la dedizione si possono raggiungere risultati inattesi, e sopratutto si possono affinare notevolmente tecniche di stesura, mixaggio e finalizzazione che poi dopo permettono alle label grosse di dire sì, ‘sono originali, ci piacciono’. Lavoro, passione, impegno e costanza sono la chiave del successo, che comunque si ottiene solo ed esclusivamente sbattendo la testa contro il muro più e più volte”.
Per voi esiste un vero business a livello discografico?
“Lavoriamo per mantenerci, dal momento che ancora la musica non ci sta portando cifre tali da poterci permettere di abbandonare tutto per dedicarci a tempo pieno alla produzione musicale. È un po il nostro sogno nel cassetto, incrociamo le dita”.
Il consenso nell’era dei social è importante?
“Crea quel brio di self confidence importante ma non necessario per progredire, tuttavia noi non siamo artisti che si concentrano su quello: pensiamo al concreto, creiamo musica e cerchiamo di ampliare la nostra audience, il resto poi si vedrà”.
Come si fa a sopravvivere in questo momento di caos?
“Le etichette non si sa bene cosa cerchino. Serve seguire cuore, istinto e ascoltare tantissima musica su Spotify, specialmente quella nelle playlist in trend. Grazie a ciò, si capisce dove andare a parare e diventa tutto un po’ più semplice, arrivando a produrre un genere che magari soddisfa l’artista e, al tempo stesso, il portafoglio e l’audience dello stesso”.
Un artista completo lo contraddistinguete dal suo suono?
“Si tratta della sua impronta: un chiaro esempio italiano è MorganJ, creatosi il suo mercato con importanti uscite su Hexagon che testimoniano una sua personale ricerca di una sonorità che potesse contraddistinguerlo. Altri esempi possono essere Merk & Kremont, SLVR, Reebs, tutti artisti che si sono creati mercato attraverso il loro inconfondibile sound. Un artista a tutto tondo si forma attraverso i suoi studi e percorsi personali, corsi di produzione, ricerca e, soprattutto, collaborazioni con artisti più forti che possano insegnare qualcosa”.
Il dettaglio, la cura e la ricerca del diverso sono fondamentali?
“È il cosiddetto pelo nell’uovo che fa assolutamente la differenza in ambito musicale professionistico: le etichette discografiche guardano molto questo aspetto, sapendo ascoltare attentamente e professionalmente il prodotto di un artista”.
Parliamo di lavoro di squadra.
“Pensiamo che Flash & Dash siano un esempio che l’unione fa la forza: non abbiamo uno staff al momento che si occupi della parte marketing, in quanto siamo ancora piccoli dal punto di vista artistico. Ci occupiamo personalmente di tutto, dalla produzione alla finalizzazione dei dischi, dal sending demos sino alle promo. Abbiamo solo un fotografo che si occupa di aggiornare ogni 2-3 mesi i nostri press kit”.
Parliamo di algoritmi, dei loro pro e contro.
“L’algoritmo di Spotify ha il suo punto di forza nell’associare musica simile per favorire l’ascolto di artisti simili tra di loro, tuttavia ha il difetto magari di limitare un po’ la crescita di artisti emergenti che cercano di farsi largo nel mercato discografico digitale, attualmente sovraffollato di artisti”.
Cosa sta accadendo quini in ambito digitale?
“Che sta sorpassando la purezza e il brio che l’analogico possono dare. Costa meno ed è accessibile a tutti. Basti pensare a noi, che con un computer, due monitor, una scheda audio e un piccolo microfono riusciamo a far suonare i nostri dischi discretamente, pur non avendo un luogo di lavoro super arredato e trattato (anche se ci farebbe assolutamente comodo)”.
Siete per la sperimentazione?
“Siamo favorevoli ma senza esagerare: ci deve essere il connubio ideale tra la soddisfazione dell’artista nel produrre la musica che gli piace, contraddistinta dal suo sound, e l’andare di pari passo con la crescita della sua audience personale”.